Mobilità sostenibile: una sfida per il futuro
La mobilità sostenibile rappresenta una delle principali sfide del nostro secolo, un pilastro fondamentale per costruire ambienti urbani più vivibili, ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità della vita. In ambienti caratterizzati da crescente antropizzazione e crisi climatica, ripensare il modo in cui ci spostiamo è essenziale per garantire un futuro più equo e sostenibile.
ALCUNE DEFINIZIONI: I Pilastri della mobilità sostenibile
Trasporto pubblico efficiente e accessibile
Investire in reti di trasporto pubblico moderne, capillari è fondamentale per ridurre l’uso delle auto private. Un sistema pubblico ben funzionante non solo riduce l’inquinamento atmosferico, ma contribuisce anche a diminuire il traffico urbano.
Mobilità dolce
Camminare e andare in bicicletta sono modalità di trasporto sostenibili e salutari. La creazione di piste ciclabili sicure, percorsi pedonali incentiva questi mezzi, riducendo l’inquinamento e migliorando la salute pubblica.
Tecnologie verdi
La transizione verso veicoli elettrici e a idrogeno è una componente chiave della mobilità sostenibile. Questi mezzi, se alimentati da fonti di energia rinnovabile, possono abbattere drasticamente le emissioni di gas serra. Quindi la realizzazione di aree di ricarica nei parcheggi pubblici e nelle strutture private incentiva l’uso di questi mezzi.
Intermodalità
Favorire la combinazione di diversi mezzi di trasporto (ad esempio, utilizzare la bicicletta per raggiungere una stazione ferroviaria o dell’autobus) consente di ottimizzare gli spostamenti e ridurre l’uso di veicoli privati. L’offerta di servizi di Bike Sharing e la pianificazione di parcheggi custoditi e non dedicati alle biciclette aumenta la facilità e la fruibilità di questi mezzi.
Urbanistica sostenibile
Progettare luoghi in cui i servizi essenziali siano facilmente raggiungibili a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici è un altro aspetto fondamentale. Questo approccio riduce la necessità di lunghi spostamenti e migliora la qualità della vita per tutti i residenti e i turisti.
Politiche ambientali
Attraverso politiche di sostenibilità si possono ottenere benefici ambientali (diminuzione delle emissioni di CO₂, miglioramento della qualità dell’aria e riduzione dell’inquinamento acustico) miglioramenti della salute diretti ed indiretti (promozione di stili di vita attivi, con benefici per la salute fisica e mentale e riduzione di malattie legate alle emissioni) e diminuzione del traffico (emissioni nocive nell’ambiente e carico veicolare insostenibile e scarsità di parcheggi per automobili) .
PIANIFICAZIONE
La pianificazione di tali opere viene fatta a vari livelli:
Statale, Regionale, Provinciale, Comunale
Ciascuno di questi enti deve fare la sua parte e lavorare in sinergia per pianificare nella maniera più adeguata la realizzazione di tali opere.
Quando si parla di piste ciclabili tendenzialmente non si fa una grande differenza tra le diverse tipologie di percorsi, creando spesso confusione tra i non addetti ai lavori. Comunemente viene indicato con il termine pista ciclabile un percorso destinato alle biciclette non ci si pone il problema se questo sia una pista ciclabile realizzata in sede propria o su corsia riservata, oppure se si tratta di un percorso promiscuo pedonale e ciclabile o veicolare e ciclabile. Queste quattro tipologie di piste vanno a costituire un più ampio capitolo che possiamo definire genericamente infrastrutture ciclabili. È però opportuno chiarire quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle diverse soluzioni.
La normativa di riferimento per la progettazione di piste ciclabile
La normativa di riferimento per la progettazione delle piste ciclabili è il Codice della strada aggiornato con le modifiche apportate, da ultimo, dalla Legge 177/2024.
Altro riferimento da tenere in considerazione è il D.M. LAVORI PUBBLICI 557/1999 che stabilisce le linee guida fondamentali per la progettazione delle piste ciclabili, imponendo regole chiare da rispettare per creare una pista sicura e integrata con l’ambiente circostante.
Importanti sono anche gli spunti contenuti nel “Piano Generale della Mobilità Ciclistica urbana e extraurbana 2022-2024” emanato dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS) secondo quanto previsto dalla legge 11 gennaio 2018, n. 2 sulla mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità e il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 5 novembre 2001 contenente le norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade.
Un ampio bagaglio di normative che disciplinano in ogni aspetto il progetto, la realizzazione e l’uso di queste infrastrutture. Una materia alquanto complessa e di difficile comprensione.
Difficile e magari anche noioso entrare negli aspetti normativi per questo vogliamo estrapolare i concetti basilari e le differenze tipologiche delle infrastrutture ciclabili.
Dal sito della Regione Veneto riportiamo le seguenti tipologie di pista ciclabile:
https://idt2.regione.veneto.it/portfolio/portale-delle-ciclabili-del-veneto/
https://idt2.regione.veneto.it/idt/webgis/viewer?webgisId=82
Piste ciclabili in sede propria
Si tratta di percorsi che corrono paralleli a strade aperte al traffico veicolare, ma separati da cordoli, marciapiedi o transenne, ringhiere, piolini, in modo da rendere impossibile la commistione con il traffico veicolare. Tale tipologia è prevista soprattutto per arterie ad intenso traffico motorizzato e alta differenza di velocità con le biciclette.
Generalmente l’ossatura di una rete ciclabile urbana, proprio perché essa ricalca le grandi direttrici di spostamento motorizzato, è costituita da piste ciclabili di questo tipo, in modo da ridurre al minimo i rischi derivanti da possibili invasioni da parte di mezzi a motore e possibili collisioni. La separazione fisica di questo tipo di piste ciclabili innalza anche la percezione soggettiva della sicurezza da parte dei ciclisti, incentivandola dunque, e rende impossibile o molto difficile l’ostruzione da sosta abusiva.
Piste ciclabili con separazione ottica/logica (corsie)
Si tratta di porzioni di carreggiata riservate al transito delle biciclette, indicate solo da segnaletica verticale e orizzontale (doppia striscia bianca e gialla, analoga alle corsie preferenziali), senza separazioni fisiche. Tale tipologia è prevista dalla normativa tecnica vigente (DM 557/99) solo per strade di quartiere e solo monodirezionali, nello stesso senso del traffico. Le interpretazioni sono però controverse in vari campi: per es. se in caso di inserimento della corsia ciclabile fra marciapiede e veicoli in sosta (ritenuta regolare ed applicata) sia possibile anche il senso opposto a quello di marcia veicolare. In tal caso rientrerebbe nella tipologia di pista ciclabile in sede propria. A causa della frequente invasione da parte di veicoli in transito, o di ostruzione in sosta abusiva, le corsie ciclabili vengono talvolta protette con separazioni “morbide”, per es. cordolini colorati (sormontabili), strisce di piolini flessibili ecc.
Piste ciclabili contigue al marciapiede
Nel caso di marciapiedi di sufficiente larghezza, o ampliandoli, è molto diffuso ricavare piste ciclabili dalla fascia esterna, mentre quella interna rimane riservata ai pedoni. La pista ciclabile è separata dal flusso pedonale tramite striscia bianca continua e con il facoltativo fondo colorato (generalmente rosso) che innalza la riconoscibilità e riduce il conflitto derivante da utilizzo improprio da parte di pedoni. Il grado di separazione dal traffico motorizzato è simile a quelle delle piste ciclabili in sede propria, ma minore rispetto al flusso pedonale, riducendo in tal modo la velocità di scorrimento dei ciclisti. Tale tipologia è presente anche su arterie di scorrimento, dove il traffico pedonale sia ridotto, e quindi modesta la possibile conflittualità. La tendenza attuale è di utilizzare questo tipo di piste ciclabile come livello di protezione intermedio rispetto alle corsie ciclabili. Vengono usate prevalentemente per ottenere una maglia più fitta delle reti ciclabili urbane. Anche in questo caso si ha un alto grado di sicurezza oggettiva e soggettiva per i ciclisti.
Percorsi ciclo-pedonali o promiscui
In certi contesti si tende a far confluire su una infrastruttura comune pedoni e ciclisti, mantenendo un buon grado di protezione rispetto al traffico motorizzato. È il caso di percorsi inseriti in aree verdi in cui non è consentito l’accesso ai veicoli a motore, con uso prevalentemente ricreativo, ed anche gli itinerari cicloturistici, per es. su argini di fiumi, valli ecc. sono di questo tipo. Tali percorsi promiscui ciclo-pedonali si riscontrano anche in ambito urbano, talvolta per motivi di spazio insufficiente alla separazione, ma il loro utilizzo è controverso: tendono a mettere in conflitto pedoni e ciclisti, annullando il vantaggio del percorso riservato soprattutto nei casi in cui ambedue i flussi, pedonale e ciclabile, siano intensi.

Attraverso questo link si possono consultare le varie infrastrutture ciclabili completate o in fase di completamento a livello regionale.
https://idt2.regione.veneto.it/idt/webgis/viewer?webgisId=82
I PARCHEGGI PER LE CICLABILI
Riportiamo in maniera integrale questo articolo del DECRETO 30 novembre 1999 , n. 557
Art. 11
Aree di parcheggio
- Ogni progetto di pista ciclabile deve essere corredato dall’individuazione dei luoghi e delle opere ed attrezzature necessarie a soddisfare la domanda di sosta per i velocipedi ed eventuali altre esigenze legate allo sviluppo della mobilità ciclistica, senza che si abbiano intralci alla circolazione stradale, specialmente dei pedoni. L’individuazione in questione si riferisce, in particolare, sia ai poli attrattori di traffico sia ai nodi di interscambio modale.
- Nei nuovi parcheggi per autovetture ubicati in contiguità alle piste ciclabili, debbono essere previste superfici adeguate da destinare alla sosta dei velocipedi.
Questo articolo è quasi sempre disatteso purtroppo!!! (SOPRATTUTTO A LAZISE)
Il contesto descritto evidenzia una problematica comune in molte aree turistiche e fortemente antropizzate, dove lo spazio è limitato e le esigenze di mobilità pedonale e ciclistica si sovrappongono.
CONCLUSIONI
Da quanto sopracitato capiamo che a Lazise non abbiamo piste ciclabili in sede propria bensì un ampio articolato percorso ciclo pedonale che molto spesso non viene utilizzato dai ciclisti perché, (specie in estate) è affollato dai pedoni. Per la creazione di questi percorsi ciclo pedonali, quasi tutti siti lungo la strada provinciale gardesana, sono state utilizzate parte delle carreggiate stesse con il conseguente restringimento della strada. Questi percorsi ciclo pedonali vengono scarsamente utilizzati dai ciclisti perché occupati da pedoni che vi transitano. Frequentemente i ciclisti si spostano sulla strada ristretta aumentando il rischio di incidenti. Certamente il traffico pedonale risulta messo in sicurezza, nella pratica sono stati creati larghi e sicuri marciapiedi. Inoltre, un grosso pericolo è rappresentato dai passaggi a raso, cioè dagli ingressi di attività turistiche e da ingressi carrabili di privati che si affacciano sui percorsi ciclo pedonali. Molti punti di attraversamento a raso, specie in prossimità del capoluogo, sono ciechi.
Lo sviluppo di una rete viaria esclusivamente ciclabile comporta una nuova progettazione che individui percorsi alternativi alle strade carrabili una rete viaria autonoma che possa connettere i luoghi di maggior interesse a livello intercomunale. Qualcuno potrà chiedersi dove è possibile progettare piste ciclabili in sede propria visto il grado di antropizzazione raggiunto. Ci risulta che in Regione Veneto si voglia costruire un collegamento ferroviario da PESCHIERA a GARDA, se si può pensare di passare con un treno in questi territori crediamo che costruire una ciclabile in sede propria si molto meno complicato!