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LAURA ZANONI

Buonasera a tutti,

Benvenuti a questa serata, che ho proposto a Marco e al gruppo Lazise civica, che hanno accolto di buon grado l’invito, e che ho fortemente voluto. 

Non solo perché conosco Francesco Monicelli, la sua professionalità e la sua competenza sull’argomento delle Ville Venete, che studia, penso di poter dire da una vita – come testimoniano anche le sue precedenti pubblicazioni – e che continua a studiare, con passione e curiosità inesauribili, ma anche, e soprattutto, per quello che le Ville Venete hanno rappresentato nella loro evoluzione nel corso dei secoli, come meglio di me potrà illustrare l’autore dei volumi che vengono presentati questa sera: non solamente edifici di pregio, ma centro attorno al quale per secoli si è sviluppata  – ed è crollata nel dopoguerra-  la società mezzadrile / contadina veronese e veneta.

Accanto ai signori nobili o facoltosi proprietari della villa, viveva – e con il proprio lavoro dava vita alla villa- la società contadina.

Le ville erano infatti circondate dai terreni di proprietà dei signori, il “brol”,  in genere una vasta area recintata da un alto muro che si snodava per diversi chilometri tutt’intorno, con torrette di vedetta agli angoli. 

Dentro il brolo vivevano i mezzadri, i lavorenti e i salariati,  famiglie, con loro case raggruppate dietro la villa vicino al grande selese, dove c’erano le stalle, le barchesse, i porteghi, le tinassare, le fabbriche, gli edifici che servivano alle attività più diverse (idem).

Il territorio del Comune di Lazise è straordinariamente ricco di esempi di Ville Venete: Villa Palù dei Mori, Villa Montinghel, Villa Gemma Brenzoni, Villa Fumanelli Kirclechner, Villa Fratta Pasini, Villa da Sacco, Villa Cavazzocca Mazzanti della Pergolana, Villa Bevilacqua Boschini, Villa Bernini, Villa Benciolini, Villa Barbaro detta La Bottona, Villa Balladoro Camuzzoni de Beni, Villa Bagatta Murari Sterzi Kreig, Villa Anturium Pavesi, Villa Alberti detta Villa Fausta.

Credo che molti di noi non le conoscano e non le abbiano mai viste tutte.

Nel dopoguerra e con il cosiddetto bum economico, il quadro sociale è cambiato, il paesaggio sconvolto.

Scriveva nel 1977 Eugenio Turri “Il miracolo economico è stato un episodio fondamentale, che ha indotto sul vecchio tessuto rurale una vera e propria mutazione antropologica coinvolgente gesti, parole, passioni, rapporti umani: essa è però avvenuta a spese di questi ex contadini che hanno avuto nuovi beni materiali (auto, frigo, televisore) senza però nulla guadagnare in autonomia decisionale, al tempo stesso perdendo ogni rapporto d’amore col proprio mondo, ogni traccia della loro cultura passata…”

Molti dei grandi proprietari terreni di un tempo sono decaduti, per l’impietosità della storia o per naturale esaurimento dinastico; ma altri sono sopravvissuti, rivalutando i loro vecchi capitali, immettendoli in nuove imprese produttive o vendendo i loro terreni agricoli a speculatori edilizi, anche a costo di veder decadere la scenografia delle vecchie e nobili dimore, divenute ormai musei troppo ingombranti e come umiliate dalle ville di lusso con piscina dei professionisti e dei nuovi ceti arricchiti.”

Sono passati quasi 50 anni sa quando sono state scritte queste parole.

Spesso sentiamo ripetere e noi stessi ripetiamo che nel paesaggio, l’uomo e la natura dovrebbero interagire e confrontarsi, ma è evidente che l’impatto del primo sulla seconda si fa sempre più invasivo: qui a Lazise lo vediamo bene ogni giorno, con una crescita esponenziale del turismo e delle strutture ricettive, campeggi e cubi disseminati ovunque, a guastare l’armonia del paesaggio a scapito dei residenti del comune di Lazise e a beneficio di chi la nostra terra se la compra e la rivende: la terra è diventata la merce di scambio più appetita.

In questi giorni è uscito sui giornali un articolo che riporta i dati delle presenze turistiche in Italia nel 2023: Lazise è al decimo posto, e questo risultato è stato pubblicizzato, con vanto, dal Comune di Lazise, sottintendendo quasi un’esortazione a migliorare nei prossimi anni questa posizione.

Personalmente, questo dato mi fa rabbrividire e mi terrorizza. Voglio leggervi un commento che ha pubblicato Giuseppe Benati“Il numero più interessante è lo 0,3% nella colonna dei residenti che dice tante cose e non tutte positive. Quel numerino, che per un turismo sostenibile dovrebbe avvicinarsi ad 1 è invece 0,3, cioè la pressione turistica arriva al 99,9% e non si sa per quanto tempo sarà sostenibile. In una scala che quantifica il livello di over tourism che va da 0 a 3, Lazise si piazza ben oltre il limite. Questo si accompagna ad una desertificazione demografica più spinta rispetto ad altre realtà meno turistiche. Ci dice inoltre che per gli abitanti è quasi impossibile acquistare casa a causa dei prezzi esagerati, ci parla del consumo di suolo irrazionale e di anziani che se sfrattati non sanno dove andare a vivere, di una viabilità al collasso….A qualche sbadato vorrei ricordare che la vera risorsa non è il turismo ma il territorio insieme con le sue genti e la loro cultura. Focalizzare l’attenzione sulle sole presenze serve solo ad ungere la supposta e tutto si giustifica dicendo che siamo un paese turistico….sì certo e tra un po’ anche fantasma”.

Ecco, questa serata vuole parlare delle nostre genti e della nostra cultura, della nostra terra: certo, le Ville Venete ed i terreni sono di proprietà privata ed i proprietari possono disporne come meglio ritengono.

Ma da decenni le Amministrazioni che si sono succedute permettono di stravolgere impietosamente il territorio che le circonda: uno tra i tanti esempi, che vedremo alla fine di questa serata, riguarda Villa Alberti, il brolo che la circondava e il suo viale a lago, che assomiglia più ad una trincea che ad un luogo ameno quale era e quale avrebbe potuto continuare ad essere con beneficio degli abitanti e anche dei turisti.

Questa serata non vuole essere solo uno sguardo nostalgico al passato: Io non credo che possiamo rassegnarci a dire che è il progresso che avanza, portando ricchezza, meglio danaro e che tutti beneficiano dell’indotto del turismo.

Io vorrei che questa fosse, per tutti noi, una serata di conoscenza e consapevolezza: il futuro, il progresso, non sono qualcosa che accade ineluttabilmente: sono frutti di scelte, di ogni singolo cittadino e delle amministrazioni che gestiscono i beni comuni.

Se possiamo dire che il caso, le circostanze, che ci hanno fatto nascere e vivere in questo luogo non dipendono da noi, che la famiglia, il contesto sociale e le qualità caratteriali ci sono date, dobbiamo anche affermare con fermezza che per ognuno di noi rimane uno spazio fondamentale aperto alla libera scelta: scelte private e scelte pubbliche.

E vorrei che ognuno di noi potesse scegliere di difendere con la forza di una passione intima e civile di proteggere e conservare, anche dando nuova e diversa vita, (aperta ma non schiacciata dal turismo), quello che un poeta veneto ha definito il “vero luogo del nostro stare”.

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